Il caso che sta facendo divertire l’Italia è nato dalla creatività di un bambino, Matteo, allievo della scuola elementare di Copparo, vicino Ferrara, e si può riassumere in una sola parola: “petaloso”.
Stupita dalla sua grande creatività, la maestra di Matteo ha voluto segnalare così questa nuova parola all’Accademia della Crusca, che da secoli custodisce, tramanda e salvaguardia il corretto italiano.
Il parere sull’ “errore bello” di Matteo non si è fatto attendere, l’Accademia, commossa dal suo appello scritto su foglio protocollo, ha inviato al piccolo una lettera in cui spiega che la parola di sua invenzione potrebbe essere realmente usata in italiano, vista l’esistenza di parole come “peloso”, formata dal nome “pelo” seguito dal suffisso “oso”. Essa viene definita quindi “ben formata, bella e chiara”, ma perché entri nel vocabolario ufficiale della lingua italiana bisogna che sia utilizzata e compresa da molte persone.
Repentina, allora, è stata la reazione della rete: milioni di utenti stanno cercando di far diventare realtà il sogno del bimbo, utilizzando la sua parola in ogni post, articolo o commento. L’Accademia, infatti, ha dato il suo beneplacito anche su Twitter, creando l’hashtag #petaloso, divenuto subito trend topic. Persino il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha cinguettato su questa storia: «Grazie al piccolo Matteo, grazie @AccademiaCrusca una storia bella, una parola nuova #petaloso».
Su Twitter, però, è nato anche un nuovo hashtag: #ParoleInventose, che raccoglie tutte le nuove proposte di chi, per anni ha inventato parole nuove per indicare nuovi oggetti, sentimenti, azioni e significati di un mondo che sta cambiando velocemente. Da “ciccioso” a “selfoso”, non sappiamo dire quali di queste parole abbiano i requisiti giusti per entrare a far parte del nostro lessico, ma l’importante è continuare a provare.
È bastato un bambino di 8 anni per provocare un risveglio della lingua: l’antica Accademia della Crusca, che “il più bel fior (petaloso) ne coglie”, non sembra più così lontana alla comunità dei parlanti, non sembra più aggrapparsi alla ricerca sulle fasi più antiche della lingua, bensì porre attensione ai neologismi dell’italiano del Duemila. Ma poi, non sarebbe bello poter mettere la firma su un nuovo termine della propria lingua? Inventori di nuovi termini, fatevi avanti
Giorgia Golia