Russel Edwards, uomo d’affari e autore di “Naming Jack the Ripper”, uscito nelle librerie d’Inghilterra il 9 settembre, al prezzo di 16.99£, è sicuro di aver scoperto l’identità di Jack lo squartatore, il serial killer di Whitechapel, un povero sobborgo di Londra.
Si tratterebbe di un immigrato polacco, già inscritto nella lista dei sospettati del tempo poichè viveva e lavorava come parrucchiere a pochi metri dalla zona degli omicidi: il ventitreenne Aaron Kosminski.
L’ispettore a capo delle indagini nel 1888, Donald Swanson, scrive delle osservazioni su di lui: “E’ un ebreo polacco, di basso ceto, che vive con la sua famiglia a Whitechapel, la zona tristemente rinomata per i suoi quartieri degradati e teatro degli efferati delitti del killer”, e anche l’assistente capo, Sir Melville Macnaghten, lo menziona in un memorandum: “Ha un grande odio per le donne … con forti tendenze omicide”. La colpevolezza di Kominski non venne però mai accertata e il presunto killer morì impunito, nel 1899, in un manicomio, malato di schizofrenia e eccessivo “abuso di sé”, o eccessiva masturbazione, dopo aver contratto la cancrena a una gamba.
Fu egli, secondo quest’ultima rivelazione, a macchiarsi di almeno cinque omicidi di prostitute nell’Autunno del 1888, definendosi, in una delle tre lettere spedite al direttore della Central News Agency, “Jack lo squartatore” per le varie mutilazioni inflitte alle sue vittime (reni, orecchie, utero e interiora in alcuni casi erano state grossolanamente strappate dai loro corpi), o semplicemente “Jack il dispettoso”.
Il malvagio Jack, proprio in queste lettere, sembrava deridere la polizia londinese, troppo lenta e cieca per riuscire a catturarlo, ma oggi è stato inchiodato dal DNA.
Sul corpo di una delle sue ultime vittime, Catherine Eddowes, fu ritrovato uno scialle di ottima fattura, macchiato di sangue in due sezioni abbastanza estese, che venne prelevato e conservato da un poliziotto, il sergente Amos Simpson, presente sulla scena del delitto, e dai suoi discendenti.
Soltanto nel marzo del 2006 uno di loro, David Melville-Hayes, decise di mettere lo scialle all’asta, e scrisse una lettera al nuovo acquirente, il già citato Russel Edwards, spiegandone la provenienza.
Fu così che il businessman, o ,come lui stesso si definisce, l’armchair detective, chiese aiuto al dottor Jari Louhelainen, un esperto di prove genetiche provenienti da storiche scene del crimine, che oltre ad essere docente di biologia molecolare alla Monroe University di Liverpool, risolve cold cases dell’Interpol.
Egli cominciò a condurre test sullo scialle soltanto nel 2011, e attraverso un esame a infrarossi scoprì che le macchie scure presenti sul tessuto non erano soltanto sprazzi di sangue arterioso, ma anche residui di sperma.
Non era tuttavia possibile isolare il DNA dalle macchie con dei tamponi, così Jari utilizzò un metodo da lui stesso inventato, che chiamò vacuuming, aspirapolvere.
Usò una pipetta riempita con un speciale liquido che rimosse il materiale genetico dal capo senza danneggiarlo, e analizzò il DNA mitocondriale ottenuto.
Esso si tramanda soltanto attraverso la linea femminile di successione, quindi Edwards ricercò gli eredi della Eddowes e li sottopose a un test di compatibilità che si rivelò pienamente positivo.
Dopo aver riconosciuto l’autenticità del manufatto, e con l’aiuto dello specialista David Miller, lo scienziato scopri del DNA sopravvissuto nei campioni di sperma, lo amplificò e lo confrontò con quello prelevato da una discendente della sorella di Kominski. Il risultato fu stupefacente.
L’autore del libro e finanziatore della ricerca dice di essere andato a festeggiare la notizia nell’East End di Londra, passeggiando tra i vicoli protagonisti di questi delitti senz’anima, che rimasero senza alcun colpevole per ben 126 anni. Forse ora si potrà mettere un punto a tutte le speculazioni storiche e scientifiche su questo argomento, anche se ancora molti storici, scienziati e criminologi appaiono scettici riguardo questa nuova rivelazione.