Un forte sentimento xenofobo a volte può condurre la politica a fare grandi scivoloni per questioni irrisorie. L’hanno sperimentato a loro discapito i militanti di Pegida, il movimento tedesco anti-islamista della destra tedesca, che sono insorti contro l’ultima campagna della Ferrero.
L’azienda dolciaria ha infatti voluto decorare le famose confezioni delle barrette con le immagini dei calciatori della nazionale tedesca da bambini, per celebrare l’inizio dei campionati europei di calcio 2016. Tra gli 11 giocatori scelti, tuttavia, compaiono anche Jérome Boateng e Ilkay Guendogan, rispettivamente di origine ghanese e turca, personaggi la cui fisionomia e radici, secondo il movimento, non rappresenterebbero la vera anima tedesca.
Sulla pagina Facebook di Pegida, infatti, tutti i suoi militanti e i simpatizzanti hanno pronunciato commenti di sdegno e stigmatizzato la scelta della Ferrero, lanciando inviti al boicottaggio del prodotto. La reazione di Ferrero, tuttavia, è stata repentina e sufficientemente chiara: «Ci distanziamo espressamente da ogni forma di odio razziale o discriminazione ‒ è stato scritto sul profilo dell’azienda ‒ e non le accettiamo né le tolleriamo neppure nella nostra comunità di Facebook».
Una vicenda che, da un particolare, ricostruisce la percezione della minaccia straniera che sta man mano pervadendo la mentalità degli stati centrali dell’Europa, e che, se si allargasse alla maggior parte dei cittadini, potrebbe costituire un ostacolo notevole alle politiche di integrazione che l’Unione vorrebbe mettere in atto.
Ogni giorno si parla di profughi, di richiedenti asilo, di aiuti umanitari, ma ci si può far a meno di chiedere se i cittadini d’Europa siano veramente pronti a questa ondata straniera e se siano o no intenzionati a gestirla senza la creazione di ghetti o divisioni.
Giorgia Golia