”La Regione Lazio ascolti l’sos dei sindacati dei medici di famiglia sulla mancanza dei dispositivi di protezione e sulla proposta formulata per l’attivazione dei tamponi a domicilio, su indicazione dei camici bianchi, e degli altri accertamenti necessari per i pazienti sorvegliati. Non è possibile che i medici di medicina generale, vitali sia per l’assistenza locale sia per il ruolo nevralgico quotidiano svolto con la conseguente riduzione degli accessi nei pronto soccorso, si rechino dai pazienti più critici senza un’idonea protezione e senza poter seguire tutte le indicazioni per evitare il virus”.
Questo il commento del capogruppo e dei consiglieri della Lega in consiglio regionale del Lazio Angelo Tripodi, Daniele Giannini, Laura Corrotti, Laura Cartaginese e Pasquale Ciacciarelli.
La nota inviata dai sindacati della categoria al presidente della Regione Lazio e ai direttori generali delle Asl e per conoscenza alla presidenza del consiglio dei ministri ha portato il Gruppo Regionale della Lega a questa riflessione.
I sindacati hanno evidenziato come “il Governo Conte ha stanziato soldi per fronteggiare l’emergenza Covid-19. Tali fondi dovevano essere utilizzati per l’assunzione di unità speciali per fronteggiare la pandemia. E la Regione Lazio che fa? Compra la progettazione di una App, a chissà quale costo, e propone l’utilizzo di strumentazioni per monitorare a distanza i pazienti in quarantena. Non abbiamo bisogno di App ma riteniamo necessario che qualcuno vada, su nostra indicazione, a fare tamponi, prelievi a domicilio o altri accertamenti necessari per quei pazienti che devono essere sorvegliati e dobbiamo cercare di non ospedalizzarli”.
I medici chiedono quindi conto della mancanza dei dispositivi di protezione oltre che dei dispositivi necessari per una giusta sanificazione degli spazi ed attrezzature utilizzate negli studi ed ambulatori, fino ad ora recuperate in proprio dalla stessa categoria che ne ha finito il quantitativo necessario.
“Occorre – concludono – attivarsi per effettuare i necessari controlli al personale in prima linea ed intervenire anche sulla sanificazione degli spazi e delle attrezzature utilizzate negli studi medici e negli ambulatori, finora assicurata dalla categoria, al fine di garantire l’attività professionale in assoluta sicurezza e con una giusta tutela sia dei camici bianchi che dei pazienti. Non possiamo permetterci di stroncare l’assistenza sanitaria locale con medici in quarantena”.