Due settimane fa, venerdì 13 novembre, il mondo si è fermato: corpi giovani e vecchi, forti e gracili erano accasciati davanti alle vetrine di bar e ristoranti. È stata una notte di terrore per Parigi: 302 feriti, 129 morti e 2 esplosioni suicide nell’arco di poche ore. Sono stati presi di mira ristoranti, bar e sale da concerto, come l’ormai famosissimo teatro Bataclan.
Come quasi un anno fa è stato per Charlie Hebdo, attaccato dai fratelli Kouachi, il cordoglio mondiale ha trovato spazio in manifestazioni pubbliche come quella di oggi, 27 novembre, in cui il presidente Francois Hollande ha dichiarato che i terroristi avrebbero agito “in nome di una causa folle e di un Dio tradito”, e i funerali a Piazza San Marco dell’italiana uccisa al Bataclan, Valeria Solesin, ma ha anche, in alcuni casi, dimostrato la forza del perdono di chi ha condiviso sui social il ricordo del proprio amato perduto per sempre, dichiarando di non odiare gli assassini di quella notte.
Le ripercussioni dal punto di vista internazionale, invece, sono state istantanee, tanto che molti già parlano di “guerra mondiale”: l’aviazione francese ha subito ricominciato i bombardamenti su Raqqa, la Russia e l’America stavano pensando di dare il via a uno sforzo militare condiviso per fermare il terrorismo, almeno fino a quando, lo scorso 24 novembre, l’aviazione turca non ha bombardato un aereo russo, colpevole di aver violato il suo spazio aereo. Ora tra la Turchia, paese che fa parte dell’Alleanza Atlantica, e il Cremlino sono raggelanti, mentre la NATO cerca di richiamare l’attenzione sul vero nemico, che ha rivendicato i due recenti attentati: lo Stato Islamico.
I responsabili delle stragi a Parigi agivano al comando di Allah Akhbar, “Allah è grande” e al soldo dei militanti siriani, ma perché colpire propri la Francia due volte nello stesso anno? Ciò che dobbiamo ricordare è che tutti gli attentatori provengono da ex colonie francesi come Tunisia e Algeria e che hanno combattuto strenuamente per la propria indipendenza. Nel caso dell’Algeria in particolar modo lo sfruttamento del paese da parte de francesi è sempre stato evidente, poiché essi nel Sahara realizzavano i primi test nucleari, organizzavano la vita e la scolarizzazione dei coloni sulla base di un modello francese. Quando questi popoli sono arrivati all’indipendenza, dopo aver distrutto ogni angolo del paese in guerre e sommosse fatte in nome di quel credo, molti coloni hanno preso la decisione di emigrare nell’unica nazione di cui conoscessero la lingua e il credo: la Francia.
La religione, in molti casi, è solo l’espediente perfetto per veicolare le masse, perché gli interessi sono ben altri, ma in ogni caso la violenza e la barbarie sono crimini che l’umanità non può perdonare, mai.