Da inizio ottobre ha preso via una campagna globale di controlli sull’inquinamento nei mari, l’Operazione denominata “30 days at sea”dell’Interpol, in stretta collaborazione con Europol, ha visto l’adesione delle polizie di 58 Paesi tra cui l’Arma dei Carabinieri che ha partecipato con il Comando delle Unità Forestali Ambientali e Agroalimentari.
I controlli sono avvenuti per lo più per verificare il regolare scarico nei collettori fluviali e marini degli impianti di depurazione urbani e sulla corretta vendita delle buste biodegradabili, in quanto si stima che ogni anno finiscano nelle acque marine dai 4,8 ai 12,7 milioni di tonnellate di rifiuti plastici, non biodegradabili, tanto da essere oramai presenti negli organismi marini anche in dimensioni infinitesimali.
La dichiarazione del Segretario Generale dell’Interpol Jürgen Stock
“I criminali pensano che l’inquinamento marino sia un reato a basso rischio senza reali vittime. Il che è un errore. L’inquinamento marino è un crimine transnazionale che mette in pericolo a livello globale la salute, che mina lo sviluppo sostenibile e che richiede una forte risposta di cooperazione tra più agenzie a livello multisettoriale, con una solida architettura di sicurezza globale”.
Controlli delle polizie e delle agenzie governative
A livello complessivo, dal 1° al 31 ottobre 2018 sono stati condotti più di 5.000 controlli da parte di 276 forze di polizia e agenzie governative delle nazioni partecipanti, che hanno portato a perseguire, al momento, 173 reati.
Controlli dei Carabinieri
In Italia i militari, hanno svolto 1.147 controlli. Sono emerse violazioni penali in 39 casi e sono state elevate sanzioni amministrative per quasi 600.000 euro. Gli accertamenti sono stati effettuati dai Carabinieri dei reparti di specialità dei Comandi per la Tutela Forestale e per la Tutela Ambientale su tutto il territorio nazionale.
Nei depuratori i militari dell’Arma hanno effettuato anche prelievi di campioni allo scarico o nei pozzetti di ispezione, i cui risultati potranno aprire nuovi fronti investigativi.
Le violazioni amministrative hanno riguardato soprattutto la commercializzazione, al dettaglio e all’ingrosso, delle buste monouso biodegradabili e compostabili (shopper) che devono essere conformi agli standard europei di ecocompatibilità. Queste buste devono raggiungere in 180 giorni la percentuale minima del 90% di biodegradazione e non devono avere effetti negativi sull’ambiente dopo la loro disintegrazione.
Cittadini, ignari autori di comportamenti illeciti
Il basso costo delle buste non biodegradabili, fino a un decimo rispetto a quelle previste, rappresenta il motivo principale per cui ancora vengono acquistate e utilizzate illecitamente nei singoli punti vendita. Molte di queste, riportanti la sigla HD-PE (polietilene ad alta densità), vengono indebitamente utilizzate per l’imballaggio di prodotti alimentari sfusi, andando così incontro all’applicazione di una sanzione pari a cinquemila euro.
I Carabinieri del Comando Tutela Forestale e dei NOE hanno accertato la provenienza delle buste non conformi anche da Paesi asiatici (Cina e Vietnam), a conferma del rilievo internazionale di tale traffico.
L’utilizzo di buste non compostabili porta il cittadino a un successivo errato utilizzo, non sapendo che la natura del materiale non corrisponde a quanto viene proposto e che il materiale non si degraderà in maniera adeguata. Il cittadino, tratto in inganno, diventa così parte inconsapevole di una catena di comportamenti illeciti a danno dell’ambiente.
Di Antonio Azzinnari